DEERHUNTER
La band di sognatori nostalgici fondata da Bradford Cox rappresenta uno dei nomi di punta della ricca proposta artistica dell’edizione 2019 del TOdays Festival. Definirli psichedelici risulterebbe troppo vago. Per non parlare della macro etichetta “indie rock”. Shoegaze? Si ma non sempre, o non in modo così caratterizzante. Pop rock? Si, ma non ci siamo ancora. Ambient punk? Così è come si sono spesso auto definiti loro stessi, facendo a loro non poca fatica ad inquadrare il loro stile.
Se proprio dobbiamo delineare i tratti distintivi di una delle band americane meno scontate degli ultimi vent’anni, dovremmo certamente rintracciarli nella matrice malinconica e introversa dei loro contenuti. La loro musica fluttua in ammollo nel liquido amniotico dei ricordi, nell’esplorazione della solitudine esistenziale e nell’evocazione di un’ampia stratificazione di emozioni.
Basta pensare anche solo alla personalità del fondatore Bradforx Cox, con la sua vita fatta di lacune affettive fin troppo precoci e patologie che si manifestano non solo con la loro forza debilitante ma anche trasformando l’aspetto di chi ne soffre, come la Sindrome di Marfan di cui Bradford è affetto e che lo ha reso “un secco spilungone”, facendolo rinchiudere sempre più in sé stesso e nella sua presunta diversità dal resto del mondo fin dalla tenera età. I Deerhunter nascono ad Atlanta nel 2001 da un’idea del frontman Bradford Cox e del batterista/tastierista Moses Archuleta.
Completano il quintetto Lockett Pundt alle chitarre/tastiere (noto anche per il side project Lotus Plaza), Frankie Broyles alle chitarre e Josh McKay, basso e organo. Nonostante la loro relativamente breve carriera i Deerhunter si sono imposti come una delle band di culto dell’ultimo decennio tra indie rock, noise pop, garage-rock e psichedelia creando capolavori come Cryptograms (2007), Microcastle (2008) e Halcyon Digest (2010), Monomania (2013) e Fading Frontier (2015). Why han’t everything already disappeared? Perché non è ancora tutto scomparso? Questa è la domanda che i Deerhunter scelgono come titolo del loro ottavo album, uscito su 4AD il 18 gennaio 2019 e prodotto insieme a Cate Le Bon, Ben H. Allen III e Ben Ette, aperto proprio dal clavicembalo suonato da Cate in “Death In Midsummer”, istantanee della rivoluzione d’ottobre, racconti di morte, un crescendo emozionale, atmosfere che da barocche si trasformano gradualmente in elettriche, squarci di sax si fanno largo in un’andatura alt-folk-pop e testi che traggono spunto dal barbaro omicidio della parlamentare europeista laburista britannica Helen Joanne Cox per opera del militante neonazista Thomas Mair. Scenari di vittime e sangue, dal passato e dal presente. Poi Berlino, tardi anni Settanta, il Bowie pre-wave sfrutta le illuminazioni di Brian Eno e architetta “Low”, “Greenpoint Gothic” è la “Speed Of Life” dei Deerhunter, giusto un paio di minuti che ci teletrasportano in uno spazio atemporale.
Why Hasn’t Everything Already Disappeared? è il sigillo di un lavoro che prosegue il percorso dei Deerhunter, concentrati sull’elaborazione di un formato canzone, restando. ntatta la capacità di centrifugare tante influenze e costruendo un prodotto che – con spiccata personalità– si sgancia dai tanti riferimenti per brillare di luce propria. È una lunga domanda sul presente e sulla graduale scomparsa di senso generale della cultura, ma anche della natura, della logica, ma anche dell’irrazionalità emotiva. In un’epoca storica in cui le soglie di attenzione sono ai minimi storici e gli algoritmi stanno per prendere il posto delle attività intellettuali prettamente umane come arte e musica, perchè se tutto è già svanito, non è ancora tutto scomparso? Con questo disco, a circa vent’anni di distanza dal primissimo giorno in sala prove, sono ormai lontani dagli echi ruvidi e punk che caratterizzavano i loro primi (indimenticabili) lavori, prediligendo l’altra forte connotazione della loro musica, quella più evocativa e atmosferica, consegnandoci un lavoro sempre e comunque all’altezza delle aspettative. Fin dalla loro formazione nel 2001, i Deerhunter hanno fatto veramente poca fatica ad imporsi come una delle band di culto degli ultimi vent’anni, riscuotendo successo su un pubblico sempre più trasversale, che li accoglie sempre con calore ed euforia ogni volta che ha occasione di vederli dal vivo.
I Deerhunter hanno preso parte più volte ai principali festival internazionali del pianeta dal Primavera Sound al Coachella, e suonato da headliner in rassegne quali l’ ATP del 2013 dove hanno realizzato per intero i loro tre capolavori e l’Austin Psych Fest, ed ora avremo finalmente l’occasione per poterli vedere in Italia, con i loro nuovi e bellissimi brani.